La nostra Costituzione, sessant'anni ben portati, perché tutela i diritti fondamentali dell’uomo, afferma l'uguaglianza dei cittadini senza discriminazioni, perché prescrive che l'iniziativa economica deve essere indirizzate a fini sociali, perché stabilisce che il lavoro deve garantire ai cittadini una esistenza libera e dignitosa, perché ripudia la guerra, perché predica la pace.
Una Costituzione figlia del grande movimento popolare di liberazione e di progresso che la storia ci ha consegnato col nome di Resistenza. Ma oggi, dopo tanti anni in cui è stato portato avanti il progetto di società imperniato sulla centralità del lavoro e sul riconoscimento delle libertà e dei diritti fondamentali, quale è il destino del nostro Statuto? Recentemente sembra che stanno nascendo diverse «costituzioni parallele» le quali puntano a cancellare del tutto la prima parte della Costituzione italiana e cioè quella dei principi, delle libertà e dei diritti.
Costituzioni di stampo integralista e reazionarie che vogliono eliminare la vera identità costituzionale, quella delle idee di pluralismo e di tolleranza, per mettere al suo posto verità ritenute assolute da politici arrivisti o pluriindagati, pluriinquisiti e pluricondannati che rischiano di provocare lo scontro fra valori, se non proprio di democrazia. Un rischio quindi culturale e sociale, perché viene vista come un ostacolo alla crescita moderna liberista perché non si limita solo a disciplinare il funzionamento delle istituzioni, ma disegna una democrazia progressiva indicando importanti obiettivi di uguaglianza, di solidarietà e di giustizia sociale, che non piacciono a chi vuole soggiogare l’intera Italia, come un dittatore.
Una Costituzione nella quale il metodo democratico deve fare spazio alle proposte di regole elettorali modellate sugli interessi dei singoli partiti, alle ipotesi di riforme costituzionali intese a rafforzare i poteri dei vertici di governo, ai tentativi di indebolire il ruolo del Parlamento ed a politiche rivolte a scoraggiare le forme di partecipazione democratica. E sì, perché se è vero che i partiti versano in una grave crisi, ma sono forti in termini di potere, di occupazione di posti di controllo, ma inesistenti nella società, è altrettanto vero che essi vanno riguardati come strumenti indispensabili della democrazia e vanno perciò ricondotti al ruolo assegnato loro dalla Costituzione, cioè di «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
Il sessantesimo compleanno della Costituzione purtroppo vive una congiuntura politica non certo rassicurante come le dichiarazioni di Veltroni il quale non si è soffermato sui gravi problemi del Paese, ma ha concentrato la sua attenzione sulle regole del gioco. Ed ha annunciato riforme in due fasi: la prima per ottenere un sistema proporzionale bipolare e la seconda proponendo agli italiani il maggioritario a doppio turno e l'elezione diretta del Capo dello Stato. Veltroni si è pronunciato insomma per la introduzione del sistema presidenziale alla francese, una riforma non certo in linea con lo spirito della Costituzione.
Che dire a fronte di questo malinconico scenario? Noi siamo figli della Costituzione, così vorremmo restare, perché in lei c’è la nostra identità di popolo, e nei suoi 139 articoli racconta chi siamo, da dove vengono i nostri valori e dove ci porteranno i nostri ideali. Ma se si devono riscrivere le regole, facciamolo tutti insieme, altrimenti governassero da soli, perchè non ci sentiremmo più tutelati da uno stato che non esiste più.
“LA COSTITUZIONE E’ UNA SIGNORA DI 60 ANNI CHE PRESENTA PIU’ VALORI GIOVANI CHE RUGHE. SI POSSONO TOGLIERE LE RUGHE DAL VOLTO DI UNA BELLA SIGNORA ED E’ QUELLO CHE DOBBIAMO FARE, L’IMPORTANTE E’ LASCIARE INTATTI, CONOSCIUTI ED AMATI, I SUOI LINEAMENTI FONDAMENTALI”
(Giorgio Napoletano)
Pino Ciraci
La città che vorrei
12 anni fa
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