giovedì 2 febbraio 2012

Il FORUM BENI COMUNI - Napoli gennaio 2012

Si è svolto qualche giorno fa il Forum Beni Comuni indetto dal comune di Napoli su espressa volontà del suo sindaco De Magistris, e da questo Forum sono partite da parte di molti amministratori locali, critiche e dubbi sulla linea politica e programmatica del governo tecnico di Monti. Alcune frasi: De Magistris (IDV), sindaco di Napoli "Io vedo solo poteri forti", Zedda (SEL), sindaco di Cagliari, "Non c'è differenza dal precedente governo", Emiliano (Pd), sindaco di Bari, "Il mio partito dice che queste liberalizzazioni sono il nuovo Risorgimento. Non sono d'accordo". E così i sindaci del Sud fanno rete e animano l’opposizione alle politiche del governo Monti.
In nome della difesa dei beni comuni, De Magistris dice: “Si può essere rivoluzionari governando, mentre questo esecutivo è un arroccamento dei poteri forti contro le istanze di cambiamento che provengono dalla società. Le politiche di Monti sono quelle di Berlusconi, mentre dal nostro esempio di democrazia partecipativa e dal basso, devono nascere modelli economici alternativi al liberismo, anche perché i partiti hanno perso il compito di trasformare la società. Nel 2013 dobbiamo andare al governo del Paese non per difendere gli interessi dei Marchionne, ma quelli di Antonio De Luca”, l’operaio della Fiat licenziato perché iscritto alla Fiom. E De Magistris ha promesso che tornerà su questi temi attraverso una Festa dei Beni Comuni da organizzare alla Mostra d’Oltremare a Napoli, da dove nel 1976 parlò Enrico Berlinguer, sperando che sia di buono auspicio.
Nichi Vendola ha detto: “Abbiamo bisogno di politica, e non di invocare tecnici che è un’idea di destra, autoritaria, invece bisogna scambiarsi le buone pratiche, le proprie esperienze e fatiche, ognuno alle prese con il proprio Patto di stabilità. È propagandistica l’idea che la liberalizzazioni possano trascinarci fuori dalla crisi, mentre l’Italia precipita in quel buco nero che è il -2,2% di Pil previsto dal Fondo monetario internazionale. Questa giornata è un seme buono che può dare speranza per la costituzione di un processo alternativo che sia l’osmosi tra politica e movimenti. L’unità a sinistra sia tra questi due elementi, non dei vertici”, e Zedda ha aggiunto: “in questo momento c’è al governo un galantuomo che però sta facendo le cose che farebbe Berlusconi, e il solco sociale si accentua”. Ed ancora Emiliano ha aggiunto: “Noi siamo qui e vediamo il mondo da sud. Ed ascoltare il vice segretario del mio partito che dice che le liberalizzazioni di Monti, ovvero qualche taxi in più e qualche farmacia aperta qualche ore in più, sono ‘l’inizio del risorgimento italiano, mi fa pensare che forse siamo nella confusione delle parole. Io dico no a un sistema che vuole distruggere meccanismi che abbiamo costruito con lacrime e sangue. E credo che dobbiamo utilizzare un modello di partecipazione diverso da quello dei tesseramenti”.
Dal forum sono emersi gli indirizzi politici dei movimenti e delle associazioni che si riconoscono nel progetto di democrazia partecipativa:
- difendere le volontà referendarie dai tentativi di privatizzazione dei servizi idrici,
- trasformare le SPA dei servizi pubblici essenziali in società di diritto pubblico,
- ripartire sul territorio con le tre “R” (riutilizzo, riciclo, riqualificazione),
- incrementare gli investimenti nel welfare e nel sociale e disincentivare gli interventi in sicurezza che spesso si trasforma in repressione.
Un no deciso agli eccessi dei patti di stabilità, che hanno trasformato i Comuni in ostacoli allo sviluppo economico. Numerose le attestazioni di solidarietà alle tante lotte che serpeggiano sul territorio nazionale: ai No Tav, ai No dal Molin, ai No al carbone, No al nucleare, No al fotovoltaico ed eolico selvaggio, ai comitati antidiscarica di Chiaiano, Terzigno, Taverna del Re, etc.. Al fianco della Fiom ed in suo nome, ha parlato Antonio De Luca, che quasi piangeva mentre raccontava i soprusi subiti in fabbrica da capi e capetti che lo deridevano dicendo “hai visto che è poco salutare essere iscritti alla Fiom”? Vuol dire essere ghettizzati a Pomigliano d’Arco per aver osato dire no a Marchionne, al potere assoluto. che ti dice: “o sei schiavo o diventalo, se vuoi avere da sopravvivere”. Le parole finali del suo intervento sono state sui politici: “Colpisce il silenzio della politica di fronte a quel che sta accadendo”.
Tornando al Forum, e partendo dalle esperienze delle democrazie locali e dei movimenti, l’intenzione è di tessere le principali tappe di un percorso ambizioso e articolato: la Rete dei Comuni per i Beni Comuni. Un percorso che deve articolarsi in due modalità di azioni che possono anche muoversi con la stessa tempistica:
- esercizio di azioni politico-amministrative locali concrete;
- rivendicazioni, resistenza e disobbedienza civile verso atti statali illegittimi ed incostituzionali.

Indichiamo quelle azioni che i comuni, sospinti dalle pratiche sociali, potrebbero far partire da domani. Ne indichiamo ovviamente solo alcune a titolo esemplificativo:
1. In primo luogo, in attuazione della volontà referendaria espressa da 27 milioni di italiani lo scorso giugno, i Comuni devono impegnarsi, attraverso un patto federativo, a gestire l'acqua attraverso un modello pubblico partecipato.
2. I comuni devono eliminare dalla tariffa il 7% relativo alla remunerazione del capitale investito. Ovvero uscire dalla logica del profitto.
3. Si invitano, pertanto, i sindaci delle città che organizzano il servizio idrico integrato mediante società per azioni a totale capitale pubblico a siglare un patto da subito per transitare tutti verso una gestione del servizio per il tramite di aziende speciali.
4. Si invitano i Comuni all'adozione di piani energetici orientati ad un più razionale utilizzo delle risorse, nell'interesse delle generazioni future.
5. Costruire da subito un patto tra amministrazioni e cittadini in difesa dei diritti delle generazioni future per la formulazione di un piano d'azione per l'energia sostenibile.
6. Uscire da subito dal circuito affaristico di inceneritori e discariche e dimostrare che la gestione dei rifiuti possa fondarsi sulla politica delle "R", piuttosto che su discariche ed inceneritori.
7. Che la tutela dell'aria e la qualità della vita nelle città passino sempre più attraverso la predisposizione di ampie Zone a traffico limitato.
8. Con una prospettiva di radicale riforma della mobilità urbana, occorre trasformare vie e piazze in giardini, spazi di gioco e incontro: in beni comuni a vocazione sociale.
9. Definire e gestire il territorio bene comune significa arrestare il consumo di suolo e fronteggiare qualsivoglia forma di condono.
10. Lo sviluppo urbanistico deve accettare limiti rigidi all'espansione su suoli agricoli, trovando spazi nella rottamazione degli edifici di bassa qualità, energeticamente inefficienti, riusando le aree già compromesse. Occorre riconquistare lo spirito di appartenenza al proprio territorio.
11. Immaginare reti di distribuzione locale di prodotti biologici per operare una sinergia fra le città e le campagne circostanti. Creare opportunità di eco-lavoro cooperativo per far cessare le forme più intollerabili di precarietà e sfruttamento
12. Creare laboratori permanenti di consultazione dei cittadini dando loro la possibilità di deliberare ed incidere concretamente sulle grandi scelte operanti nelle città; in particolari quelle che attengono al governo ed alla gestione dei beni comuni.
13. Nella grandi metropoli il governo dei beni comuni non può che passare attraverso un discorso serio sulla Città metropolitana e della democrazia di prossimità, non già quali ulteriori luogo di mera rappresentanza.
14. Le istituzioni comunali, in quanto enti esponenziali delle comunità presenti sul territorio, devono impegnarsi a porre in essere politiche inclusive sul versante della rappresentanza, aprendosi, ad esempio, alla partecipazione dei migranti, ponendo il problema politico della doppia cittadinanza e dello ius soli per tutti.
15. In sede locale vanno rafforzati tutti gli strumenti di democrazia diretta, quali i referendum abrogativi, consultivi, propositivi.
16. I Comuni da subito, insieme ai movimenti, anche utilizzando alcuni strumenti del Trattato di Lisbona devono, da subito, promuovere e costruire una Carta Europea dei Beni Comuni, mediante la quale inserire la nozione di bene comune tra i valori fondanti dell'Unione e fronteggiare la dimensione mercantile del diritto comunitario.
17. Da subito i Comuni, infine, potrebbero modificare i propri statuti per introdurre la nozione di bene comune, non soltanto simbolica, ma capace di influenzare le politiche pubbliche locali.
18. Occorre lavorare per il pieno accesso gratuito alla rete.
19. Le istituzioni pubbliche della cultura devono agire come reali istituzioni culturali e non come strumenti politici o finanziari. Soltanto in questo modo i loro organi potranno garantire serietà nella valutazione dei progetti e loro credibilità internazionale.
La Rete dei Comuni per i Beni Comuni è pronta costituire un modello alternativo di democrazia, oltre l'orizzonte attuale. Occorre però avere la forza, la compattezza , il coraggio di liberarsi o di resistere a tutte quelle leggi che danno al saccheggio il crisma della legalità. Occorre avere il coraggio, la forza, ma anche l'entusiasmo, di sperimentare pratiche alternative di democrazia, anche attraverso la ricerca di forme organizzative più adeguate allo stato di cose presenti.
Modelli di coordinamento e di pratica collettiva meno obsoleti rispetto a quelli che stanno facendo naufragio. Mai più forme di leaderismo, di personalismo di autoreferenzialità, ma azioni coordinate da una molteplicità di soggetti, al fine di mettere in connessione diversità culturali, etniche, linguistiche. Un laboratorio in grado di superare la separatezza, fondato sull'inclusione e sulla contaminazione dei diversi.
Proviamoci! Insieme possiamo riuscirci.

FORUM BENI COMUNI

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